Stai attenta*

È martedì sera.

Di rito, vado a cena da mio padre.

Il cancello entra in cortocircuito come al solito e gli tocca scendere per aprirmi con la chiave; poi schizza su per le scale ad abbassare la fiamma del gas.

«Si è bruciato?» gli chiedo togliendomi mascherina e cappotto.

Traffica con coperchi e cucchiai, mescola e non mi guarda in faccia:

«No. Quasi».

Mi siedo a tavola e mi imbambolo davanti al TG24.

«Quante ostriche vuoi? Cinque? O sono troppe?»

Ci scambiamo un sorrisetto furbo:

«Ma che troppe. Metti, metti!»

«Allora? Come sono andate le vacanze?»

«Bene!»

«Con chi sei andata, alla fine?»

«Con nessuno. Dovevano unirsi un paio di amici, ma non erano convinti, perciò sono andata lo stesso per conto mio».

«In auto?»

«No. In treno. Sai, tra il Covid, le medicine e il resto, non mi son fidata a guidare fino a là».

«Ma sei andata al mare, almeno?»

«No. Niente mare, solo Genova».

Sbuffa e scuote la testa:

«Ma non si può…»

«Guarda che c’erano gli ingressi scaglionati anche per le spiagge. Certi giorni era addirittura impossibile entrare…»

«Come fai a saperlo?»

«Me l’ha detto la proprietaria del B&B in cui stavo».

«Ah».

Scatta in piedi e corre a scolare la pasta, il bollore dell’acqua che a momenti straborda sui fornelli.

«Ho fatto la pasta con il salmone», mi avverte. «Però ci ho aggiunto una cosa che non sai. Vediamo se indovini cos’è».

Mi mette davanti il piatto, di lato il parmigiano grattuggiato, e mi passa la bottiglia dell’acqua quando faccio il gesto di prenderla.

«Tieni. Se vuoi ancora pepe è qui».

«Grazie».

«Lo vuoi? È qui, eh».

«No, no. Grazie. Stai tranquillo, se lo voglio me lo prendo».

«Tieni, il formaggio».

«Grazie».

«Mangia, dai, che si raffredda».

«Eh, un attimo!… Cos’hai? Sei nervoso, stasera? Mi stai mettendo ansia», rido.

«No, non sono nervoso».

Si alza ancora per prendere l’olio. Forse serve per il secondo, ma lo posa ordinatamente di fianco all’aceto.

«Sì, ma siediti. Vieni a mangiare anche tu» gli dico.

Finalmente si rilassa. Alla tele passa un servizio su Fontana. Ha dichiarato il coprifuoco dalle 23 alle 5.

«Allora? Lo senti?» Mi interroga con un sorrisetto saccente.

«Pecorino?»

«Anche. E poi?»

«Salmone».

«Beh, grazie. Ma c’è un’altra cosa».

Mastico e mi stringo nelle spalle.

«Mi arrendo».

«È robiola» afferma trionfalmente.

«Ah».

«Ti piace?»

«Sì, buona!»

«Forse è leggermente scotta».

«No, va bene così».

«A Genova cos’hai mangiato?»

«Pesto mattina pomeriggio e sera. Una volta sono andata in un ristorante con i tavoli all’aperto, al Porto Antico, e ho preso la frittura di pesce».

«E poi?»

«Poi in un pub a tema galiziano e ho mangiato delle tapas spettacolari: olive, una tortilla alle cipolle… Ci sono tornata due volte».

«E basta?»

«No, ho mangiato anche la torta pasqualina e la farinata. Non mi sono fermata tanto, eh».

«E cos’hai visto, a Genova?»

«Il Centro».

«Come…? Solo il Centro?»

«No, cioè: sono andata al Palazzo Ducale a vedere la mostra “Obey”. Ho visitato l’acquario. Sono entrata nella biosfera. Ho guardato le barche e gli yacht lungo i pontili».

«Sì, ma il Centro… Cosa intendi per “Centro”?»

«Ho girato. Mi sono fatta le “vasche” su via XX Settembre. Ho camminato per i Caruggi. Ho visto via del Campo e le piazze. Piazza delle Erbe, Piazza Lavagna… La sera, prima di tornare in stanza, mi fermavo sempre a prendere un po’ di fresco in Piazza De Ferrari; mi sedevo sul bordo della fontana e mi lasciavo bagnare dagli spruzzi. Non hai idea di come picchiasse il sole, durante la giornata».

«Ah, bene! E l’hai visto il ponte?»

«Eccome!… Arrivando con il treno. È immenso. Sono rimasta a guardarlo finché ho potuto, a bocca aperta».

Mastica per un po’, con aria pensierosa.

«Di secondo ho fatto la tagliata».

«Okkey».

Mi porta via il piatto e lo sostituisce con l’altro.

«Ci vuoi la senape?»

«Chiaro!»

«Quale vuoi? Scegli. Guarda che questa è piccante».

«Lo so. Mi piace».

Con la pubblicità passa uno spot su un rasoio da uomo: Shave like a bomber, che mi fa sorridere.

«Allora te ne sei andata a spasso» m’incalza.

«Esatto».

«Ti sei divertita?»

«Eh sì. Per me Genova è stata un colpo di fulmine, quando ci ho passato Capodanno due anni fa».

«È stata una delle città più ricche d’Europa, fino al 1400».

«Lo so… E poi c’era la Fiera del Libro. Di solito il pomeriggio, dopo aver camminato, mi fermavo a sceglierne uno e poi andavo a leggermelo al tavolino di un bar vicino al Museo Internazionale del Cinema. Ci passavo le ore, a mangiare focaccia, bere birra e guardare la gente passare».

«Avrai visto qualcosina di interessante anche tra i Caruggi» aggiunge con un ghigno.

«Parecchie», scoppio a ridere. «Un paio di bei ragazzi hanno anche cercato di farmi fermare».

«Ahi ahi ahi…» scuote la testa in modo paternalistico e mi fa ridere ancora:

«Il terzo giorno che sono andata a fare colazione, la proprietaria del B&B mi ha augurato buona giornata e mi ha detto che sperava sarei rientrata con “qualcuno”, quella sera».

«Qualcuno chi? Un genovese?»

«Ah, non lo so».

«Meglio di no, che quelli hanno il braccino corto» scherza.

«Comunque sono contenta di esserci andata. Mi sono comprata anche il souvenir».

«Che cos’è?»

«Una catenina con un’ancora».

«Perché un’ancora?»

«Non lo so. Mi piaceva. Le ancore sono belle perché sono in grado di farti stare ormeggiato a terra, ma quando è il momento di andarsene si possono sollevare e viaggiare di nuovo».

«Hai finito?»

«Sì, grazie».

Porta via il piatto vuoto e sparecchia la tavola. Io mi alzo e rimetto il cappotto, mi sistemo la mascherina davanti alla bocca.

Sul ciglio della porta mi sorride e mi da una strizzatina al braccio:

«Ciao Cris. A martedì prossimo».

«Va bene. Ciao papà».

«Ciao. E sta’n banda*».

Stai attenta*ultima modifica: 2020-10-21T19:19:13+02:00da rossololita5
Reposta per primo quest’articolo